Lavoro: prima emergenza sociale
Credo che Il lavoro debba tornare ad essere un tema centrale della nostra politica.
La crisi economica e la conseguente crisi sociale, sta esplodendo in tutta la sua brutalità.
Chi fa politica a stretto contatto con i cittadini si rende conto che l’emergenza lavoro è diventata una piaga che coinvolge la stragrande maggioranza delle famiglie.
La politica non può rimanere silente di fronte a questo dramma.
Lavoro, stipendi paradossalmente inadeguati rispetto al costo della vita, precarietà , sono temi che meritano un’attenzione centrale da parte delle forze sociali.
In Italia le imprese emigrano alla ricerca di condizioni di investimento a loro più favorevoli, cioè che gli permettono di ricavare il più alto profitto senza possibilmente troppe regole, ma l’attenzione viene spostata su altre questioni, sicuramente importanti, ma oggettivamente marginali rispetto al tema della sopravvivenza delle persone.
La guerra tra poveri tipica del sistema capitalista, l’insofferenza alle regole endemica nel concetto di profitto, stanno provocando un impoverimento costante ed una pericolosa grossolana brutalità del pensiero comune.
L’insofferenza che il nostro Paese sta manifestando nei confronti delle migliaia di profughi che sempre più numerosi sbarcano sulle nostre coste , è uno dei sintomi più evidenti dello spostamento verso ideologie tipicamente di destra considerate più risolutive ed efficaci.
Si guarda allo straniero con diffidenza, si percepisce l’immigrato come colui che “ruba” il posto di lavoro, non considerando che alla base c’è la scelta di un datore di lavoro che preferisce pagare pochissimo e tenere in nero uno straniero, che dover fare i conti con un italiano che rivendica, in maniera sacrosanta, i diritti che gli spettano.
La pericolosità di questa situazione sembra essere costantemente sottovalutata.
Quali provvedimenti strutturali il governo sta mettendo in campo per ridare slancio all’occupazione?
Se è vero che un sistema capitalista si basa sui consumi, quali provvedimenti sta attuando il nostro governo per rilanciare i consumi e conseguentemente rilanciare la produzione?
In un Paese che si definisce civile è possibile che non ci si renda conto dell’inadeguatezza paradossale degli stipendi rispetto ai costi che sosteniamo per poter soddisfare almeno i bisogni primari?
Sarò banale, ma la distanza dei nostri rappresentanti politici rispetto a questi problemi si tocca con mano.
Molti di loro, rampanti borghesi o comunisti “da camera”, non hanno la benché minima idea di cosa sia il mondo del lavoro, quello vero, quello che paradossalmente riguarda la stragrande maggioranza delle persone e che consiste, per i più fortunati, in 1180 euro mensili con contratto a tempo determinato, sede lavorativa ad un’ora e mezza dal luogo dove si vive,.
La mia domanda è: si può considerare un paese civile, un paese che considera uno stipendio del genere sufficiente per poter condurre una vita dignitosa?
Poco tempo fa durante un viaggio, ho conosciuto una giovane coppia di 35enni, il cui racconto mi è sembrato emblematico per comprendere il momento attuale.
Lei insegnante precaria in un Liceo, 850 euro, lui laureato in ingegneria aerospaziale dipendente di una azienda di volo (evito di fare il nome per non di fare pubblicità) 1250 euro al mese, contratto a tempo determinato (6 mesi) , 9 ore di lavoro giornaliere (tra la mezz’oretta prima e la mezz’oretta dopo che i datori di lavoro pretendono).
Hanno un’entrata mensile di 2100 euro.
Pagano un affitto, per vivere in un locale di 70 metri quadrati in periferia a Roma, di 750 euro mensili, hanno una sola automobile , che stanno ancora finendo di pagare.
Non possono accendere un mutuo perchè entrambi precari.
Ragazzi, considerati “fortunati”, che mi raccontavano le difficoltà di arrivare a fine mese, considerando anche le spese extra, tra cui una situazione di salute precaria di un genitore di lei ed i costi d’assistenza che conseguentemente gravano su tutta la famiglia.
Ho preso in considerazione una situazione che per le condizioni di lavoro attuali viene considerata “privilegiata”, ma se consideriamo i costi reali della vita è una situazione di mera sopravvivenza e non di privilegio.
E’ possibile che nessuno si accorga che la mancanza di lavoro e gli stipendi inadeguati stanno creando una emergenza sociale dirompente nel nostro paese?
E’ possibile che la questione “salari” non venga messa al centro del dibattito politico quotidiano nonostante coinvolga ed incida sulla stragrande maggioranza della popolazione?
Chi, come me, ha continui contatti con le persone, si sta accorgendo che ci sono famiglie che versano in condizioni di povertà estrema e vivono nella disperazione più totale.
In Italia il lavoro non c’è, e quel poco che c’è, è miseramente pagato.
Vergogna! Una classe politica che lavora per il suo popolo è una classe politica che deve aver cura del suo popolo.
Una sola parola mi viene da pronunciare di fronte a tanto menefreghismo VERGOGNA!
Letizia Moroni
18 settembre 2015
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