Letizia Moroni   Per condividere con voi idee, pensieri, considerazioni...

Zoolander 3.0 ovvero: le donne in politica nell’era post-berlusconiana... belle belle in modo assurdo!... e le capacità???

  Carissime lettrici e carissimi lettori, vorrei iniziare la mia collaborazione con questo nuovo mensile, con un argomento specifico :le donne. In particolare, visto l’avvicinarsi delle future competizioni elettorali, vorrei fare qualche considerazione, senza nessuna pretesa di universalità, sulle donne in politica.
La questione femminile è un argomento che ho sempre studiato ed approfondito, cercando di liberarmi da quella “retorica di genere” che spesso annienta ogni tipo di obiettività e di responsabilità quando si parla di gentil sesso.
In ciò che leggerete da qui in poi, non troverete una paladina del femminismo del tipo ”donna è bello donna è vero”, ma un’attenta osservatrice delle dinamiche uomo-donna che hanno naturalmente riguardato anche i miei rapporti interpersonali.
Vorrei partire dall’episodio della candidata sindaco di Milano del Movimento 5 Stelle che ricevette critiche ed insulti sul proprio aspetto fisico e fu costretta a ritirarsi dalla competizione elettorale a Milano, per cercare di condividere con voi qualche considerazione sulla situazione del genere femminile.
Ciò che le è accaduto non si può che definire un vergognoso episodio di misoginia, che ben rispecchia la visione della società attuale riguardo le donne.
La misoginia, mista a razzismo, di cui è stata vittima la Bedori, ci deve far riflettere sul ruolo femminile in generale e, nel caso specifico, sul ruolo delle donne in politica e sulle relative conquiste nel campo.
La Bedori è stata massacrata a livello mediatico con insulti feroci, che hanno riguardato il suo aspetto fisico e la sua presunta mancanza di professionalità perchè casalinga , quindi disoccupata, è’ stata definita brutta, grassa, obesa, quindi indegna di rappresentare il Movimento in una competizione elettorale.
Cio’ che amareggia e dovrebbe far scaturire profonde riflessioni è che, a prescindere dall’appartenenza politica, la solidarietà che ci si aspettava potesse emergere contro tali attacchi così’ meschini e crudeli, non c’è stata, se non qualche dichiarazione sporadica, ma senza che tali dichiarazioni creassero un caso, o dessero vita ad un serio dibattito mediatico, insomma non abbiamo assistito ad un’indignazione generale delle colleghe di genere che anzi costituivano la gran parte dei denigratori !!!
La crudeltà dei giudizi contro la Bedori è stata spregevole e rafforza una tesi assolutamente folle quanto purtroppo largamente condivisa, cioè che la bruttezza è una colpa e la bellezza un merito.
Se anche in politica, oltre che in tv, le donne non possono permettersi di mostrarsi così come sono, allora è evidente che stiamo assistendo ad una regressione culturale triste e senza scampo e ad una cancellazione di tutto ciò che è stato il femminismo e le lotte per la liberazione delle donne dai cliche’ imposti dalla cultura maschilista.
I modelli delle Ministre dall’aspetto gradevole, sdoganati da Berlusconi e poi ripresi da Renzi, non hanno prodotto un messaggio costruttivo e cioè quello che anche una donna avvenente può essere brava e deve essere considerata per le sue capacità, ma purtroppo il contrario: è stata scelta perché avvenente, a prescindere dalle sue capacità.
La scelta della candidata fascinosa ha spesso come conseguenza immediata le prime pagine dei giornali, quindi il messaggio che viene trasmesso è che si arriva ad avere ruoli politici solo se belle, o appartenenti a famiglie ricche o asservite ai potenti di turno.
Giudicate sempre per il look e raramente per le capacità, le nuove politiche in carriera rappresentano un modello di “bonazza rampante” che sale al potere grazie alla protezione del potente “sbavatore” di turno, il che, purtroppo, corrisponde spesso alla verita’.
L’aspetto fisico diventa importante anche in politica.
Potenziali candidate e politiche già elette se in tv si presentano con gonne sopra il ginocchio, ottengono le prime pagine, con un’esaltazione a volte sfinente ed altrettanto esagerata, della loro avvenenza fisica ,spesso, francamente, sovrastimata, facendo passare in secondo piano i contenuti del programma politico.
Assistiamo purtroppo, anche in politica, a figure ad uso e consumo maschile e ad un’ingiustizia di fondo: mentre gli uomini possono permettersi di essere dei “cessi” di proporzioni bibliche, senza che nessun giornale sottolinei la loro oggettiva e disarmante bruttezza, le donne in politica vengono osannate o punite, per la loro immagine e sempre, ripeto, secondo una visione maschilista, che prevede che soltanto i maschi debbano essere assecondati sessualmente attraverso la vista, mentre le donne devono silenziosamente accontentarsi di “catorci” in politica fisicamente orrendi .
Per l’uomo essere brutto è una condizione accettabile mentre per le donne è un peccato imperdonabile che si trasforma spesso in colpa grave e che comporta a volte, come abbiamo visto, l’esclusione anche dalla vita politica, con il vergognoso ed autolesionista “silenzio assenso” delle colleghe di genere.
Le donne nominate dai pigmalioni “potenti maschi di turno” che occupano posizioni di potere, raramente riescono a vincere in competizioni elettorali in cui a votare sono le persone comuni, più spesso invece non riescono ad emergere.
Si assiste ad un fenomeno ben preciso che si ripete nel tempo: le donne, da sempre più numerose rispetto agli uomini, non votano le donne.
Proviamo ad esaminare alcuni dei motivi per cui questo avviene.
Penso alle elettrici, bombardate mediaticamente dalla descrizione, nei minimi particolari, dell’eventuale bellezza della candidata.
Tali rappresentanti del genere femminile, che dovrebbero impegnarsi esclusivamente a migliorare la vita dei cittadini, diventano invece elementi di confronto fisico verso cui le altre donne comuni devono costantemente confrontarsi: la politica di turno bella, brava, seducente ed impegnata.
Questo bombardamento costante, porta le donne a non avere modelli reali di riferimento, modelli con i quali identificarsi, ma modelli di perfezione irraggiungibile a cui è impossibile attribuire la conoscenza della fatica quotidiana dell’essere donne, mamme, lavoratrici, con fisici orgogliosamente normali e con stipendi che a mala pena aiutano a sopravvivere, figuriamoci se possono consentire la cura della persona.
Lo stereotipo della politica, bella, seducente che si sforza di sembrare preparata, non è credibile, non funziona, perché viene percepita come distante dai problemi delle donne già costantemente soggette a giudizio e vessate dalle incombenze quotidiane: lavoro mal retribuito e stato sociale assente.
Quante volte assistiamo negli uffici (a me è accaduto spessissimo) o in altri ambienti lavorativi a commenti gratuiti di uomini che si permettono di fare classifiche delle colleghe da loro ritenute più o meno belle nel loro ambiente professionale? Uomini brutti, sfatti, terribilmente anonimi sotto ogni punto di vista, virili come il Gabibbo, che hanno l’arroganza di giudicare anche ad alta voce, donne, sia belle che meno belle, in una sorta di delirio di onnipotenza maschilista, senza che purtroppo queste si ribellino, anzi spesso avvallando i giudizi gratuiti dell’omuncolo di turno. Si assiste spesso all’arroganza dell’uomo brutto ed insignificante, socialmente accettata, e si consolida l’idea che la pulsionalità sessuale, spudoratamente esibita ed ingorda del maschio anche brutto e sfatto, è “naturale”.
La conseguenza è che il maschio si permette di esternare il proprio desiderio ed il proprio irrilevante giudizio estetico verso le donne, senza nessun freno inibitore in tutti gli ambienti, senza essere mai giudicato.
Se questo avviene anche nei confronti delle politiche, per le elettrici, tutto questo diventa una gabbia di modelli sfinenti, finti, ingiusti e vacui, un circo mediatico che svilisce il ruolo che le donne in politica dovrebbero ricoprire.
Le donne hanno grandi responsabilità per questa regressione culturale a cui assistono pigramente ed opportunisticamente, sono poche quelle che si ribellano a questa forma di razzismo, si limitano ad appiattirsi alla prassi maschile consolidata.
Le donne comuni che si barcamenano tra il lavoro e la famiglia, quelle precarie per le quali anche un figlio è un lusso, quelle buttate fuori dal mercato del lavoro a causa della maternità, non credo si sentano coinvolte dal tema delle quote rosa nei consigli di amministrazione e neppure dalla doppia preferenza di genere.
Si tratta di temi distanti dalla loro quotidianità.
La ragione per cui l’elettorato femminile oggi non è ancora convinto di portare più rappresentanti del loro sesso in Parlamento, sta nel fatto che fino ad ora le parlamentari non hanno fatto assolutamente nulla per migliorare la condizione della donna in generale.
Pensiamo alla Fornero, possiamo affermare che rappresenta il massimo esempio del fallimento dell’essere donna al potere, infatti ha punito le colleghe di genere allungando l’età pensionabile, dimenticando il ruolo fondamentale delle donne nello stato sociale del nostro Paese che sono il perno del nucleo familiare, fanno figli ed accudiscono gli anziani.. La politica per molte donne è un lusso perchè spesso sono assorbite da obblighi familiari da cui l’uomo è esentato. In politica le donne hanno dimostrato di essere totalmente inefficaci riguardo le politiche di genere. Per sperare che ci sia davvero un cambiamento che parta dal basso, bisogna augurarci che le elette si impegnino a migliorare la condizione femminile in maniera tangibile e a tutti i livelli.
Come possono le donne normali dedicarsi alla politica se non hanno un’organizzazione sociale a loro sostegno? Gli asili ad esempio, sono pochi e soprattutto hanno degli orari proibitivi.
La soluzione per l’uguaglianza del genere femminile in politica non sono le quote rosa, che il più delle volte avvantaggiano quelle che già possono permettersi il lusso di fare politica e che spesso sono anche mediocri, ma sono i cambiamenti strutturali dal basso: asili, aiuti per la famiglia, orari flessibili, soltanto così si possono liberare le donne da obblighi che gli uomini delegano loro e si possono creare reali condizioni di impegno politico.
Siamo sincere: molte donne in carriera approfittano di questa mentalità maschilista perché fa loro comodo, la assecondano traendone vantaggi e, una volta al potere, combattono ferocemente le colleghe per mantenere le posizioni raggiunte. Come possiamo scardinare i ruoli di genere attuali e le matrici culturali sessiste della società in cui viviamo se anche le donne che gestiscono ruoli di potere ne sono assuefatte e promotrici?
Non penso che la donna sia superiore all’uomo e viceversa, in politica e nella vita mi piace parlare di “individui” meritevoli.
Conosco esempi di donne meravigliose e di donne pessime e disoneste e la stessa cosa vale per gli uomini, gli uomini però possono concedersi il lusso di essere tutto, anche brutti, noi no.
Le nostre rappresentanti in Parlamento non godono di una autonomia decisionale, devono spesso rendere conto al potente maschio di turno che le ha nominate , sono di conseguenza responsabili della loro posizione di subordinazione. Se è evidente che si è sviluppata una maggiore sensibilità per la condizione femminile e per le discriminazioni e le disuguaglianze sociali in generale, non si assiste però ad una rivoluzione culturale sostanziale, ma soltanto a minimi cambiamenti formali.
Resta un elemento oggettivo, quello che l’esercizio effettivo del potere politico e sociale rimane prevalentemente in mano agli uomini.
Gli uomini fanno squadra le donne si combattono tra loro, agiscono come i maschi al potere, spesso relegano le colleghe di genere a compiti di segreteria, mentre per ruoli di contenuto, promuovono uomini anche con titolo di studio inesistente o inferiore rispetto alle donne presenti nello stesso gruppo di lavoro.
Le donne non sanno fare lobby.
Usciremo un giorno da questo autolesionismo, che ci siamo inflitte a favore del maschio, autolesionismo e maschilismo silenziosamente accettato e sopravvissuto nonostante meravigliose figure femminili abbiano dato persino la vita per la nostra emancipazione e per la rivendicazione sacrosanta della dignità e della liberazione dal giudizio e dal potere del maschio? Donne! Lottiamo per non essere più imprigionate in un aggettivo: bella o brutta. Lottiamo affinchè si parli di noi in termini di capacità e non di aspetto fisico.
Anche perché, detto tra noi: se non ci disperiamo noi per l’enorme quantità di mascolina racchiezza/incapacità che quotidianamente ferisce i nostri occhi, come si permettono i maschietti di aprire bocca?
Alla prossima!  

Letizia Moroni
16 dicembre 2017


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