Letizia Moroni   Per condividere con voi idee, pensieri, considerazioni...

Esiste la città perfetta?

Einstein diceva “Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi.”

Nei miei articoli precedenti, ho spiegato i motivi che, secondo me, impediscono la crescita di un partito di sinistra: una classe dirigente inadeguata, borghese ed autoreferenziale, l’incapacità di leggere le dinamiche sociali, la perdita di empatia verso chi soffre, l’indifferenza verso i militanti dei singoli territori che, con estrema fatica, lavorano quotidianamente per cercare di penetrare nel tessuto sociale.
Ma c’è un altro elemento che crea difficoltà nella costruzione di un sistema Paese basato sull’ uguaglianza e e la giustizia sociale: il materiale umano.
Tutti noi sogniamo un mondo migliore ed un luogo dove abitare in cui tutto funzioni alla perfezione, dallo stato sociale al controllo della malavita, ma bisogna essere consapevoli che le persone illuminate, che possono arrivare a raggiungere questi obiettivi, sono poche e spesso osteggiate dalle logiche del malaffare e dalla stupidità altrui.
L’individualismo sfrenato ed il culto di sé stessi che imperversa nella nostra società, non aiuta a costruire una realtà migliore, un proposito che ha bisogno di persone umili al servizio del bene comune.
Non abbiamo tutti le stesse caratteristiche, ma essere intelligenti significa anche essere consapevoli dei propri limiti e mostrare gratitudine e rispetto nei confronti di chi, con estremo sacrificio, riesce ad emergere perché capace di costruire una realtà alternativa all’attuale deriva nichilista.
Ciò che spesso accade in un gruppo che si propone gli stessi obiettivi, è che le persone più attive e di successo vengono ostacolate da soggetti che, attribuendosi doti che non hanno, rallentano qualsiasi progetto di crescita, imponendo le loro misere scelte, per rivendicare una propria identità che non corrisponde affatto ad una reale capacità di aggregare e di far crescere una comunità.
Anche riguardo la questione di genere, non si può ignorare che spesso si possono incontrare sul proprio cammino vere e proprie “bulle”, donne che si fregiano di essere paladine del comunismo e del femminismo, incapaci di costruire qualsiasi tipo di realtà associativa, che, per di più, si accaniscono contro le loro colleghe di genere denigrandole (persino riguardo l’aspetto fisico) attraverso la delazione continua. Queste donne si illudono in questo modo di avere corsie preferenziali per chissà quali ascese e quando si pensa di averle sminate, tornano a creare fastidio e disgregazione, riabilitate dallo stupido di turno.
L’intelligenza avrà sicuramente la meglio, ma purtroppo sarà sempre ostacolata dagli stupidi, dai presuntuosi, dagli ambiziosi senza qualità il cui scopo è emergere (e qualcuno ci riesce pure), con il sedere altrui.
Voglio citare un passo, di un meraviglioso saggio del Prof. Carlo. M. Cipolla, Professore emerito di Storia Economica a Berkeley, saggio che può essere utilissimo per tutti coloro che lavorano in team e che si intitola : Le leggi fondamentali della stupidità umana.
Prima legge: sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
Seconda legge: la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona, spesso ha l’aspetto innocuo, ingenuo e ciò fa abbassare la guardia.
Terza Legge: una persona stupida è chi causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.
Quarta legge: le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide.
Quinta legge: La persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista.
Tornando all’ideale di città perfetta, e di come questo possa essere demolito da una gestione stupida delle cose, uno dei migliori esempi del contrasto tra utopia (ideologia) e attuazione di essa nella realtà, è ben rappresentato dallo scrittore russo Andrej Platonov, al quale la ricercatrice in letteratura russa Diana Moroni, ha dedicato un saggio dal titolo: Cevengur, l’avventura dell’utopia.
In questo saggio si parla dell’opera più significativa dello scrittore russo, che oltre a scrittore, fu anche funzionario di partito a cui fu affidato, insieme ad altri, il compito di modernizzare con opere strutturali l’immensa provincia russa.
Proprio svolgendo il suo lavoro in quotidiano contatto con l’arretratissima realtà del vasto territorio russo, potè scrivere il suo romanzo, che metteva in contrasto la bellezza dell’ideologia e la sua misera realizzazione, che doveva necessariamente essere delegata a uomini spesso analfabeti e totalmente impreparati e disorganizzati.
Nel dicembre del 1926, Platonov venne mandato a Tambov, per bonificare quella provincia e descrisse in alcune lettere alla moglie la realtà con cui doveva scontrarsi ogni giorno: “la condizione di lavoro è orrenda. Le beghe e gli intrighi spaventosi…il personale per il miglioramento è indisciplinato e formato da cretini e delatori, i buoni specialisti sono deboli e frenati…lavorare è quasi impossibile ci sono mille ostacoli di carattere assurdo.”
Parole scritte quasi un secolo fa, sembrano ancora così attuali…
L’enorme divario esistente tra l’ideologia dei cosidetti “Umniki” pensatori spesso poco istruiti e catapultati in ruoli di responsabilità che non erano in grado di ricoprire, ed i “Duraki” la vasta ed arretrata popolazione russa ma “…con un senno colmo di felicità e di dubbio…”, è reso ancor più evidente nella piccola città Cevengur, dove, dopo che sono stati sbrigati i preliminari per instaurare il comunismo, la borghesia è stata liquidata, i beni sono stati distribuiti, bisognava iniziare a vivere da comunisti, ma nessuno sapeva realmente come attuare il comunismo al di là delle parole vuote e ridondanti.
Considero ammirevoli tutti coloro che con il materiale umano esistente riescono a costruire realtà forti e durature.
La città perfetta non esiste, esistono microcosmi creati da uomini coraggiosi, ma continuamente vessati dalla ferocia della meschinità del prossimo.
D’altra parte la storia insegna che nessuna mente superiore e nessun eroe è morto di vecchiaia: Che Guevara, Martin Luther King, Gandhi e tanti altri.
A sottolineare, come lo stesso Platonov diceva, che è molto difficile rivoluzionare il mondo, applicare la giustizia sociale e l’uguaglianza, quando abbiamo a che fare con menti chiuse e mediocri.  

Letizia Moroni
9 maggio 2018


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